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A soli diciassette anni Giacomo Leopardi elaborò un saggio dove già s'intravede l'effervescenza esistenziale che avrebbe caratterizzato le sue opere maggiori. In diciannove capitoli elencò le superstizioni degli antichi, passando tra ciclopi, fenici, cinocefali e arimaspi, ombre, larve, spettri e fantasmi, con l'intento di mostrare quanto fossero nocive le superstizioni nei tempi passati e in quelli moderni.